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Idrosadenite suppurativa, malattia cronica che può essere curata

Diagnosticata in ritardo colpisce circa 50mila persone in Campania
Idrosadenite suppurativa, malattia cronica che può essere curata

Convivere bene con il proprio corpo è il desiderio di tutti. A maggior ragione di coloro che hanno l’idrosadenite suppurativa, una malattia infiammatoria cronica della pelle, denominata “acne inversa”, poiché condivide con l’acne i noduli, gli ascessi, le cicatrici, ma che va oltre perché è più grave e debilitante sia per il fisico e sia per la mente. Diagnosticata in ritardo nella maggioranza dei casi, colpisce circa 50 mila persone in Campania, tra cui molti giovani, portando con sé un pesante carico psicologico che compromette la loro vita personale, sociale e lavorativa.

«L’idrosadenite suppurativa è una malattia complessa che va al di là della pelle», dice Anna Balato, professore associato in Dermatologia all’Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli. «La sua complessità è dovuta sicuramente alle manifestazioni cutanee di grande impatto, quali papule, pustole, ascessi e fistole drenanti, ma è dettata anche dalla patogenesi con molti punti da chiarire e quindi ne consegue una gestione non sempre agevole. È pertanto una patologia non facile sia per il medico e sia per il paziente che ovviamente ci deve convivere».

Favorita da una predisposizione genetica e aggravata da diversi fattori scatenanti, come il fumo, l’obesità e un’alimentazione sbilanciata, l’idrosadenite suppurativa può oggi essere curata con farmaci innovativi, tra cui secukinumab, un anticorpo monoclonale capace di bloccare l’interleuchina 17A, che riveste un ruolo centrale nel causare la malattia e che ha appena ottenuto la rimborsabilità dal Servizio Sanitario Nazionale per questa indicazione terapeutica. L’inserimento nel Prontuario Terapeutico della Regione di questa molecola e la sua conseguente disponibilità rappresentano un significativo progresso, poiché consentono di offrire ai pazienti una opzione terapeutica in grado di migliorare la loro qualità di vita.

«Oggi abbiamo delle opportunità di cura in più», dice Elisabetta Fulgione, dirigente medico AOU Clinica Dermatologica all’Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli. «Finora le linee guida portavano a utilizzare farmaci “tradizionali”, come antibiotici o altri immunosoppressori. Da qualche anno si è aperta una nuova era, quella dei farmaci biologici, capaci di colpire bersagli molecolari precisi, come gli anti-TNFalfa, e recentemente, è stato rimborsato un anticorpo anti-interleuchina 17 A indirizzato verso una delle principali citochine pro-infiammatorie alla base della malattia bloccando l’infiammazione, con l’obiettivo di ridurre le lesioni attive, il dolore e migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da idrosadenite suppurativa».

Il riconoscimento precoce della malattia e un accesso tempestivo ai centri di riferimento e allo specialista restano tuttavia fondamentali. È infatti essenziale poter contare su una presa in carico condivisa con un team multidisciplinare, che includa anche nutrizionisti, psicologi, chirurghi, terapisti del dolore e infermieri, capace di affrontare tutte le sfaccettature di questa malattia e di dare un concreto sostegno ai pazienti.

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