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Pasquale Angelosanto: «Messina Denaro è morto ma la battaglia non è finita»

di Alfredo Boccia
A Padula ha parlato il Generale di Corpo d’Armata che lo scorso mese di gennaio ha arrestato il super latitante della mafia
Pasquale Angelosanto: «Messina Denaro è morto ma la battaglia non è finita»

«Da uomo ho provato dolore per il decesso di un’altra persona, ma ho subito pensato a quanto Matteo Messina Denaro rappresentasse ossia la mafia che si prende la libertà di tutti opprimendo la democrazia. Perché lui non era il capo della mafia ma un simbolo riconosciuto dai mafiosi che a lui si rivolgevano da ogni luogo, più numerosi di quelli che gli riconoscevano la guida del territorio di Trapani in Sicilia». Netto il confine tra chi è con lo Stato e quanti non lo sono, nelle parole pronunciate alla Certosa di Padula dal Generale di Corpo d’Armata Pasquale Angelosanto – comandante del Ros dei Carabinieri che lo scorso mese di gennaio ha arrestato il super latitante della mafia Matteo Messina Denaro, deceduto nella notte tra domenica e lunedì, e che nel 1992 riuscì a scovare ed assicurare alla giustizia il numero uno della camorra Carmine Alfieri – autore ieri di una lezione di vita regalata a numerosi studenti e cittadini nella Certosa di Padula dove ha risposto senza enfasi alle non banali domande di Angelo Raffaele Marmo, Condirettore del Quotidiano Nazionale.

Generale, cosa cambia con la morte di Messina Denaro?
Nulla dal punto di vista investigativo, perché noi continuiamo le indagini per arrivare ad assicurare che altri, anche a lui legati, smettano di essere protagonisti di attività illecite.

Nessun rammarico per una possibile collaborazione con lo Stato da parte dell’uomo latitante per trenta anni?
Matteo Messina Denaro ha ribadito più volte la non volontà di collaborare. Credo, insomma, che pure restando lui in vita sarebbe stata solo una ipotesi, difficile a realizzarsi, la possibilità che ci informasse di quanto chiestogli.

E sulla tesi che l’arresto di Denaro era stato concordato?
Ho sempre raccomandato ai miei uomini, come a tutti coloro coinvolti nelle indagini, di non lasciare nulla di intentato, ma anche di non rischiare. Davvero si può pensare che avremmo concordato la cattura in una clinica dove c’erano decine di malati? Con il rischio che potesse esserci un conflitto a fuoco o comunque che qualcuno potesse essere messo in pericolo.

Lo Stato vincerà questa annosa presenza delle mafie?
Le mafie non sono invincibili e possono essere individuate. Seppure la lotta è contro un avversario invisibile che, al contrario, conosce tutte le nostre mosse oltre chi siamo.

Serve fare squadra, giusto?
Il lavoro contro chi non rispetta le comunità è di tutti come lo sono di tutti i risultati che si ottengono».

Da 45 anni nell’Arma, ha mai pensato di non farcela?
La verità mi sento di dirla.

Ossia?
È lastricata di errori la mia attività investigativa, più delle tante cose buone che si raccontano sul mio operato guardando ai risultati raggiunti. Ma ai miei collaboratori dico sempre che bisogna essere umili. Quindi serve a fini investigativi, oltre che morali, riconoscere gli errori, analizzarli e da lì ripartire per poi avere la possibilità di centrare gli obiettivi prefissati.

Come si può migliorare per vincere la partita?
Io parlerei prima di contrastare il malaffare. Dipende da tutti.

Poi?
Investire per lo sviluppo dei territori, ma evitando infiltrazioni che sempre più si riscontrano sia da parte di componenti dello Stato che dell’imprenditoria. Quindi rompere ogni legame con i malavitosi, ma i cittadini non debbono fare gli eroi perchè tocca alle forze dell’ordine, alla magistratura ed alle istituzioni provvedere ad usare i metodi necessari. Inoltre serve investire in formazione alla legalità affinchè ciascuno possa guardare bene in faccia alla realtà.

Lei ha sempre rifiutato il soprannome di “cacciatore di boss”.
Non stravedo per i proclami. Gli arresti come quello di Messina Denaro sono il risultato di un lavoro incredibile di uomini e donne dell’Arma che fanno sacrifici inimmaginabili. I nostri carabinieri per quella indagine hanno passato le feste di Natale a lavorare.

Ed alle domande degli studenti su come individuare gli attori di mafia e camorra, il generale dei carabinieri ha risposto così: «Bisogna rispettare le regole, così già si può valutare chi non lo fa. E prenderne le distanze, aiutando chi lotta per il diritto alla legalità. Inoltre il processo di intelligence e i relativi metodi di lavoro sono fondamentali. Solo l’applicazione di un rigoroso processo di intelligence consente di contrastare con efficacia i fenomeni criminali che presentano una straordinaria complessità».

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