È aggravato dalla premeditazione e dalle finalità mafiose il reato di omicidio volontario che viene contestato, tra gli altri, al colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, coinvolto insieme con altri tre indagati nell’inchiesta della Procura di Salerno sull’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Il defunto primo cittadino, è l’ipotesi degli inquirenti, sarebbe stato assassinato per avere scoperto un traffico di droga che approdava nel porto di Acciaroli.
Gli indagati
L’altro carabiniere indagato è l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, già condannato in secondo grado a 10 anni di reclusione per il suo coinvolgimento nel traffico e spaccio di stupefacenti al Parco Verde di Caivano. A lui, all’imprenditore scafatese Giuseppe Cipriano e all’ex capo del clan Ridosso-Loreto di Scafati, Romolo Ridosso, viene contestata la stessa ipotesi di reato in concorso. Queste accuse erano già stato formulate dai carabinieri del Ros di Roma e dall’ufficio inquirente coordinato dal procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli in occasione di una serie di perquisizioni effettuate il 28 luglio scorso.
Le contestazioni
Al colonnello dei carabinieri Cagnazzo viene tra l’altro, contestato di avere favorito il clan Cesarano di Pompei-Scafati e di avere assicurato il depistaggio delle indagini agli altri tre indagati. Questi ultimi – sempre secondo l’accusa – avrebbero preso parte all’ideazione, pianificazione e organizzazione dell’omicidio di Vassallo, assassinato il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola calibro 9. I primi sopralluoghi preliminari sarebbero stati eseguiti da Cioffi, poi da Ridosso e Cipriano i quali si assicurarono che nel luogo dove poi avvenne l’omicidio non ci fossero telecamere di videosorveglianza. Nella fase successiva al delitto, il colonnello Cagnazzo – secondo l’accusa – “come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno” indirizzandole verso una falsa pista, “quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo (solo omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo) per questioni legate allo spaccio di stupefacenti“.
Le fake news
Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti del Ros, dopo l’omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all’esame dello stub. Damiani, sosteneva falsamente l’ufficiale dell’arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli. Altra fake news che il carabiniere, sempre secondo gli inquirenti, diffuse all’epoca era quella dell’esistenza di un ‘gruppo Damiani’ dedito al traffico di droga che veniva veicolata attraverso l’uso di un gommone. Tra le info di cui era in possesso, non riferite agli inquirenti, figura anche la circostanza dell’incontro tra il sindaco ucciso e il comandante dei carabinieri di Agropoli e i pm della Procura di Vallo della Lucania, cha sarebbe dovuto avvenire il giorno dopo l’omicidio.