Sessantadue anni di carcere. È il cumulo delle pene inflitte in primo grado ai cinque “salernitani” (due di loro, in verità, sono calabrese, ma hanno forti implicazioni con Battipaglia) che, insieme ad altre 23 persone, hanno optato per il rito ordinario nel processo scaturito dall’operazione Faust, l’inchiesta che mirava a dimostrare l’esistenza d’un narcotraffico tra la Piana di Gioia Tauro e la Piana del Sele: indagini che fecero assai clamore a gennaio del 2021 per l’arresto dell’allora sindaco di Rosarno, Giuseppe Idà. Mercoledì sera il fu primo cittadino calabrese è stato assolto dall’accusa di voto di scambio dalle toghe della Sezione penale del Tribunale di Palmi, presieduta dal giudice Francesco Petrone.
Le pene
Le stesse che hanno condannato a 28 anni di carcere (la pena più elevata tra le 16 inflitte) il rosarnese Giuseppe Pace, classe ‘69, e a 13 e mezzo la figlia Angela, accusati dalla Direzione distrettuale Antimafia di Reggio Calabria (pm Francesco Ponzetta, che per loro aveva chiesto rispettivamente 30 e 16 anni) d’aver gestito il narcotraffico nella Piana del Sele direttamente da Palazzo De Feo di Battipaglia. L’allora compagna del narcos rosarnese, la battipagliese Rosa Sica, è stata assolta dal reato d’associazione dedita allo spaccio di stupefacenti, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, e condannata a un anno (il pm ne aveva chiesti 13) per aver contribuito ad aiutare Domenico Pepè (per lui la pena è di 14 anni e un mese) a sfuggire a un arresto, nel 2019, favorendo la sua latitanza in un agriturismo di Campagna.
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