Professoressa Ida Lenza, la comunicazione tra adulti e adolescenti è sempre stato un complesso confronto/ scontro tra generazioni: che situazione si registra nel mondo della scuola?
Il tema della difficoltà di comunicazione tra generazioni diverse è un tema importante. Ogni generazione si è inevitabilmente confrontata e scontrata con la precedente per affermare se stessa, per crescere, per consolidare i propri punti di vista. Oggi tuttavia la complessità del dialogo è acuito da un lato da un’ iper comunicazione, che oserei definire parossistica che, tuttavia, diventa mancanza di comunicazione nel momento in cui il messaggio lanciato non attende risposta ma ha senso solo in una dimensione unidirezionale. I social inevitabilmente condizionano la vita di giovani ed adulti. La scuola assorbe tutto ciò che accade all’esterno. Gli interventi importanti del Ministro Valditara, con la circolare sull’uso del cellulare a scuola, non solo dà indicazioni a famiglie ed educatori ma attenzione un problema a cui credo che a tutt’oggi non si sia data una risposta. Probabilmente perché se la scuola non è sentita da parte delle famiglie come interlocutrice importante per la crescita dei giovani, non può attuarsi pienamente quella sinergia educativa tra le parti di cui si ha bisogno.
Secondo lei il periodo pandemico ha reso ancora più complessa la comunicazione tra adulti e adolescenti?
Ovviamente con la pandemia la storia di ognuno di noi ha subito una frattura. Tanto è vero che parliamo di prima e dopo Covid. Il paradosso è stato che la clausura forzata invece di cementare i rapporti ha acuito in molti casi le distanze; ci siamo resi conto che il nostro riempire il tempo di cose è un alibi per eludere il confronto con gli altri e con se stessi. Anche la Dad se da una parte ha consentito di non far perdere ai giovani il contatto educativo con i professori e la scuola, da un’altra non ha potuto sostituire
la quotidiana condivisione della vita in classe. Con questo non intendo demonizzare la Dad ma sottolineare che la modalità blended è una modalità appunto che deve essere circoscritta in tempi non lunghi.
La nostra società è caratterizzata da modalità sempre più rapide, iper connettive e rumorose che sembra aver smarrito la capacità di ascoltare in modo attento, creando un danno alla vita di relazione soprattutto nei giovani: ritiene che migliorare la comunicazione e la capacità di ascolto a partire dalla scuola è ancora possibile?
La risposta non può e non deve essere che positiva. L’istruzione è uno dei pilastri della società civile. Grazie al Pnrr gli istituti si sono arricchiti di nuove strumentazioni, aule immersione, laboratori. Non dobbiamo dimenticare che questi sono strumenti non il fine. Per me il fine è la relazione educativa e formativa, fatta di incontro/scontro tra generazioni, di momenti di silenzio, di otium che per i Latini era l’occasione per coltivare quel mondo interiore che nell’esistenza può essere l’unica ancora di salvezza. In fondo per i Greci skole era proprio questo.