Per chi scrive, quella strada maledetta è immagine familiare. Per più di venticinque anni, l’incrocio fra lungomare Marconi e via Enrico Perito è stata la prima cosa che ho potuto osservare al risveglio: mi bastava aprire la finestra. C’ero quella mattina maledetta quando le urla di tante persone annunciavano la tragedia di don Silvio Adinolfi. E c’ero, non più da residente ma da “semplice” cronista, pure nella maledetta mattinata in cui perse la vita Michele Tabano. Anche ieri sono tornato lì, in quel luogo ormai diventato una specie d’altare del dolore. Che nessuno, proprio nessuno, prova a cancellare.
La morte di Fidalma Mei è qualcosa che nel 2025, in una città che si professa europea come Salerno, non dovrebbe accadere. È già di per sè assurdo perdere la vita mentre si attraversa la strada sotto casa. Ma ciò che fa più rabbia è che quest’ennesima tragedia non rappresenta un caso isolato, una fatalità cui non era possibile evitare. Quel lungomare così bello, abbandonato e poco sfruttato è diventato ormai un cimitero dove, un metro dopo l’altro, si piantano croci di chi ha perso la vita: noi operatori dell’informazione lo sappiamo bene, visto che proprio a poca distanza dal teatro dell’ennesima sciagura c’abbiamo perso una collega-amica, Marta Naddei.
E come accade ogni qualvolta si registrano questi episodi, è partita la consueta e ormai pelosa solidarietà ai familiari che non potranno abbracciare più la loro madre, sorella, nonna. E, come sempre, di qui alle prossime ore cominceranno le promesse di interventi forti, risolutivi, urgenti per far sì che tutto questo non accada mai più. E a noi non resta che sperare che le chiacchiere, finalmente, si tramutino in realtà. Perché di parole sulla necessità di intervenire nel solco di una vera sicurezza sul lungomare ne sono state spese già troppe. Esageratamente tante. E, come spesso accade in questa città, la meraviglia dura pochi giorni.
Nelle ore successive a questi accadimenti, si assisterà alla presenza assidua delle forze dell’ordine lungo il litorale, magari rifaranno capolino gli autovelox mobili, si utilizzerà qualsiasi altro dispositivo utile per moderare la velocità dei mezzi. Poi la meraviglia sparirà nel nulla. Giusto qualche giorno. Che non cancellerà il dolore di famiglie distrutte da qualcosa che si poteva evitare. Sì, perché l’ennesimo invesimento mortale sul lungomare di Torrione si poteva evitare. Lì, in quel tratto di strada che va dalla piscina Vitale fino a Pastena, nulla è stato concretamente fatto per impedire tragedie di tal genere. Chiacchiere, meraviglia, interventi tampone: nulla più.
Adesso, però, è arrivato il momento di dire basta. Chiedere all’amministrazione comunale e tutti gli organi competenti di fare davvero qualcosa per garantire la sicurezza sulle strade.
Cancellare l’assurdo di morire mentre s’attraversa sotto casa e contare così tante croci in uno stesso posto. Nel corso degli ultimi tempi, a Salerno abbiamo assistito a tutta una serie di “forzature” rispetto a questioni ben meno importanti della vita delle persone. Abbiamo ascoltato a più riprese che l’impossibilità di intervenire concretamente sul lungomare è causata dai soliti intoppi burocratici, dalla solita carenza di pecunia nelle casse. Per altre situazioni, per diverse circostanze, tutti questi ostacoli vengono aggirati. E ora è arrivato il momento di provare concretamente a risolvere il problema di questa strada maledetta. Si chieda aiuto a “mamma” Regione Campania – sempre prodiga di attenzioni nei confronti della “sua” città – di mettere sul piatto i soldi necessari per effettuare interventi strutturali e risolutivi per il lungomare. Si chieda al Ministero dell’Interno di “bypassare” quei vincoli che impediscono l’installazione di autovelox o di attraversamenti rialzati. Davanti a così tanti morti, difficilmente qualcuno dirà no.