A ottant’anni, ormai solo e abbandonato, sognava una Napoli “con il volto e la dignità di una volta. Non dico che le cose non devono cambiare. Ma cos’è questo degrado, questa ottusità, questo sprofondare nel nulla? Non c’è più rispetto. E tra un po’ non ci sarà più neanche il pane (…) A ogni elezione i politici si riempiono la bocca di promesse. Poi, a cose avvenute, se ne fottono. Di te, di me, di noi. Sto finendo di scrivere un libro in cui racconto questa città, si chiamerà Satyricon, Napoli ‘44”. Perché Satiricon? È la volgarità. Capisce? Questa città è imbevuta di volgarità. E c’era già allora: la volgarità dei neoarricchiti che hanno scippato il benessere esibendolo come una forma di potere”.
Così dodici anni fa confidava a Repubblica Roberto De Simone, spentosi domenica sera nel suo appartamento nel palazzo Ruffo di Castelcicala (detto anche palazzo De Gregorio di Sant’Elia) a Napoli, in via Foria. Il noto musicista, compositore, regista e studioso delle tradizioni popolari, aveva 91 anni e da poco era stato dimesso dall’ospedale dove era stato ricoverato per alcuni problemi di salute.
Il sindaco di Napoli e presidente della Fondazione Teatro di San Carlo, Gaetano Manfredi, ha disposto l’allestimento della camera ardente presso il foyer del teatro che sarà aperta al pubblico oggi, dalle ore 13 alle 19 (alle ore 13.30 il quartetto d’archi dei professori d’orchestra del San Carlo eseguirà il Requiem di Mozart in suo onore) e poi domani dalle 10 alle 14. I funerali, invece, saranno celebrati domani dall’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, alle 16 nel Duomo. Per il giorno dei funerali, il sindaco ha dichiarato lutto cittadino.
Così Napoli – la città che De Simone aveva cominciato ad odiare per la decadenza sociale e culturale in cui era sprofondata negli ultimi anni rende omaggio al Maestro che aveva saputo coniugare con rigore la ricerca con l’innovazione, nel teatro come nella letteratura e nella musica.
Nel 1967 fu il fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare con cui allestì spettacoli di grande successo come “La gatta Cenerentola” (presentata nel 1976 al Festival dei Due Mondi di Spoleto: “ La gatta Cenerentola – raccontò – non è solo una fiaba, ma è la fiaba delle fiabe: è la somma di tutto il mondo fantastico e onirico dell’immaginario meridionale e potremmo dire anche mediterraneo”) e “L’Opera Buffa del Giovedì Santo” (1980), ispirati alla tradizione musicale del folclore campano, “Cholera” (2003), “Il Re bello” (2004), “Là ci darem la mano” (2007), “Pergolesi in Olimpiade” (2011).
Accademico di Santa Cecilia dal 1998, nel 2003 fu insignito del Premio Roberto Sanseverino e nel 2015 del Premio Nonino Risit d’Aur, mentre nel 2019 gli fu attribuito il titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Controverso il suo rapporto con Salerno: storica la sua rinuncia alla rappresentazione all’Augusteo, nel gennaio del 1975, de” “La cantata dei Pastori”, in cui De Simone vestiva i panni di San Giuseppe. Gruppi di giovani di sinistra presero d’assalto il teatro per il prezzo dei biglietti fissato in 3mila e 3.600 lire e ritenuto troppo alto. Ne seguì una lunga trattativa ma alla fine la rappresentazione sfumò.
Nell’agosto del 2009, la Fondazione Giambattista Vico di Vatolla gli conferì la cittadinanza onoraria. Il Cilento adottò De Simone come aveva fatto secoli prima col filosofo Gianbattista Vico. Nel 2015, fu scelto come Magister di Civiltà Amalfitana durante la XV edizione del Capodanno Bizantino, in una cerimonia tenutasi ad Atrani, in piazza Umberto I. Nel 2022, su richiesta del ministro della Cultura Dario Franceschini, a De Simone fu riconosciuto il vitalizio previsto dalla Legge Bacchelli (il maestro viveva con una pensione di poco più di mille euro al mese). E questo solo dopo l’appello di importanti intellettuali, frutto di un’intervista a Repubblica nella quale il maestro denunciò i suoi problemi economici anche a causa del ticket per le medicine che gli era stato tolto. Sofferenze e sacrifici, fino alla notizia della sua morte, accompanata dal solito (scontato e tardivo) coro di peana.