Sono la “meglio gioventù”. Nel quartier generale della Cooper Standard li considerano il futuro dell’azienda. Eppure sono proprio loro, i 50 dipendenti tra somministrati (14) e staff leasing (36), a dover perdere il lavoro, stando alle comunicazioni che Pietro Mancuso, responsabile del mastodontico stabilimento battipagliese, ha reso per conto dell’azienda ai segretari sindacali provinciali e alle anime della rsu nel corso delle due riunioni (una con la triplice, l’altra con gli autonomi della Confail) che si sono svolte lunedì scorso nella sede salernitana di Confindustria, presiedute dal referente Agostino Della Valle.
L’obiettivo
La riduzione di 50 unità lavorative entro la fine di luglio: questo l’obiettivo prefissato dalla Cooper Standard per arginare il «brusco calo di commesse» per lo stabilimento battipagliese, «con diminuzioni che raggiungono in alcuni casi il 40 per cento». Eppure i “particolari”, i modelli di guarnizioni per i veicoli del gruppo Stellantis fabbricati dagli operai della Piana del Sele, sono sempre gli stessi: Jeep Compass, Alfa Tonale e Stelvio, Fiat Panda e Ducato et similia. I quantitativi da produrre, però, si sono ridotti di parecchio, probabilmente perché molti dei veicoli del gruppo Stellantis non vendono come ci si attendeva.
Il “deserto”
E allora nel deserto in cui si sta lentamente tramutando il polmone produttivo di Battipaglia, interessato pure dalla vertenza Fos, arrivano nuovamente i “tagliatori di teste”. Cinquanta teste in meno rispetto alle 400 alle dipendenze della Cooper: sono quelle dei 14 somministrati, ai quali, di qui al finir di luglio, non verranno rinnovati i contratti a tempo determinato. E poi ci sono 36 ragazzi in staff leasing: loro sono assunti a tempo indeterminato, ma dalle agenzie esterne. Il più anziano ha dieci anni di servizio in Cooper, il più giovane due. Rischiano il licenziamento.
La produttività
Eppure rappresentano il futuro dell’azienda: le percentuali di produttività dei precari a caccia d’un contratto Cooper sono tra le più alte. L’intento di mandarli via, quindi, fa paura pure ai dipendenti diretti dello stabilimento, preoccupati al pensiero che rinunciare alla “meglio gioventù” significhi pregiudicare gradualmente l’esistenza della più grande (in termini di personale impiegato) tra le fabbriche battipagliesi.