Non avevano rispetto nemmeno della vicinanza ad una chiesa, in particolare quella di Fratte, per spacciare cocaina, hashish e marijuana. La rete di vendita della droga che avrebbe fatto capo a Carmine Memoli era molto fitta e consolidata, con diversi punti dove avvenivano le cessioni, tra Salerno e la Valle dell’Irno. Sono numerose le dichiarazioni sul capo ed organizzatore dell’associazione finalizzata allo spaccio arrestato venerdì mattina insieme a 13 altre persone, tra cui il padre Tiziano Memoli, nell’operazione della Dda e dei carabinieri. Proprio la zona del quartiere collinare di Salerno era un punto di riferimento nella cessione di stupefacenti di vario genere, perfino durante il periodo dei lockdown.
Le piazze di spaccio
Dalle dichiarazioni di alcuni consumatori di cocaina, a partire dal 2020 in poi si sarebbero forniti da Carmine Memoli nella zona di Fratte, ma non solo. I clienti, salernitani ma che arrivavano anche dall’Avellinese e dalla Valle dell’Irno, prendevano la droga nelle le aree di parcheggio (anche sotterranee) dei centri commerciali a Fratte e in altri comuni della Valle dell’Irno, all’uscita di Baronissi (pure in questo caso nei pressi di una chiesa) Penta di Fisciano e a Cologna di Pellezzano. Non mancavano le zone al centro di Salerno, in special modo nei pressi della fermata dei mezzi pubblici in piazza XXIV maggio o piazza Malta che dir si voglia, o a Torrione. E tutto questo sempre anche nei mesi in cui imperversava l’emergenza Covid.
Lo spaccio vicino casa
Dagli interrogatori dei vari assuntori si parla ripetutamente di molti degli arrestati che vendevano la cocaina ma anche l’hashish e la marijuana. In alcuni casi, per evitare che arrivassero fino allo spazio vicino alla chiesa di Fratte, chi proveniva dai comuni della Valle dell’Irno e dell’Avellinese poteva concordare l’acquisto delle dosi portate fin nei vari comuni di residenza, come cortesia dei pusher. Lo spaccio era del tipo “salernitano” o “discreto”, veloce, con passaggi celeri senza praticamente dare nell’occhio e creare particolare allarme, a differenza di quello che avviene in molte altre città.
Acquisti e vendite
Le varie sostanze stupefacenti venivano acquistate anche nel Lazio come in Spagna e trasferite perfino via corriere ordinario dall’estero in Italia, come se fosse un pacco comune. A sua volta la gang spediva in Basilicata in particolare a Lavello in provincia di Potenza e in Puglia specie nella zona di Taranto la droga da spacciare e sempre attraverso un corriere ordinario di quelli che consegnano a casa le merci ordinarie.
Il ruolo di Ferrara
L’attività di importazione di cocaina richiedeva grossi gruppi di acquisto e mercati pronti a vendere la coca in Sud America. I carichi trasportati a Salerno con l’intermediazione di Carmine Ferrara sarebbero stati poi recuperati dai Memoli, in particolare emergeva il ruolo di papà Tiziano, e da loro addetti che avevano una non comune capacità di muoversi all’interno dello scalo marittimo. In un intercettazione spuntano parole molto significative, indicando delle persone presenti a Salerno e venute da fuori: «Questi sono i calabresi… ». La cocaina a centinaia di chili, evidentemente, veniva acquistata per conto di clan della ‘ndrangheta o del Napoletano e su cui poi i salernitani prendevano la «stecca», ossia trattenevano una parte come compenso. Non è un caso, quindi, che la gang di salernitani potesse maneggiare grandi quantitativi di «coca». Per dare un idea del traffico, Carmine Memoli mentre era in auto nel marzo del 2022, intercettato dai carabinieri del maggiore Antonio Corvino, avrebbe mostrato ad un amico un panetto di un chilo di cocaina, con la scritta «Mondo » come se fosse (e spesso è) la marca di chi produce la droga in Sud America. Successivamente, in via Conforti, un giovane si rivolse a Memoli jr chiedendogli un «bello pallettone », mentre suonava in auto una canzone di un noto trapper a livello nazionale. All’amico a cui aveva mostrato il panetto di droga confiderà che il cantante è un suo cliente:«E vedi tu, quando viene a suonare qua – indicando presumibilmente la Campania, ndr – ,da me viene a spendere. A chi li devono portare i soldi ?.., La cocaina…cinque/sei grammi alla volta….. ».
I ricavati reinvestiti
Il commercio delle sostanze stupefacenti rendeva molto e infatti la Dda di Salerno diretta dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, che ha curato tutte le indagini, ritiene siano di proprietà dei Memoli padre e figlio tre appartamenti a Baronissi e uno il centro Memobet in piazza Gian Camillo Gloriosi di Salerno, intestate a prestanomi.