Gli elementi raccolti nell’inchiesta della Procura di Salerno sul “sistema Alfieri” e le successive evoluzioni dopo il blitz e gli arresti della Guardia di finanza «denotano la persistente e concorde volontà di ciascuno degli indagati di continuare a fare parte del sistema criminale: è quantomai impellente la necessità di impedire contatti, di qualsiasi tipologia, tra i protagonisti della vicenda onde evitare che possano procrastinarsi queste condotte o analoghe». È quanto evidenziano i giudici del tribunale del Riesame di Salerno (presidente Dolores Zarone, giudice relatore Enrichetta Cioffi, giudice Cristina De Luca) nelle motivazioni delle decisioni sui ricorsi presentati dopo l’operazione d’inizio ottobre che ha fatto luce sugli affari degli appalti della pubblica illuminazione a Capaccio Paestum e che ha portato in carcere (misura poi trasformata in arresti domiciliari proprio dal tribunale della libertà) il sospeso presidente della Provincia di Salerno e sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri.
Gli altri indagati
Le istanze, poi, sono state presentate anche dagli altri destinatari di misura cautelare con il Riesame che ha confermato i domiciliari per Elvira Alfieri, sorella dell’esponente di spicco del Pd (sospeso dal partito) e amministratrice della ditta “Alfieri Impianti”; Andrea Campanile, staffista del primo cittadino della città dei Templi; Vittorio De Rosa, legale rappresentante della “Dervit”; Alfonso D’Auria, procuratore speciale della ditta di Roccadaspide (stessa misura anche il funzionario del Comune pestano, Carmine Greco, ascoltato dal pm Alessandro Di Vico solo pochi giorni fa a causa di comprovati problemi di salute). Tutti sono accusati – a vario titolo – di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
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