Lungo la sola via dei Mercanti, la fu strada delle botteghe e degli artigiani di Salerno, il numero di negozi gestiti da persone di origine bengalese è otto. Poi c’è piazza Sant’Agostino con almeno un paio di mini market oltre ad altri due magazzini e, infine, Largo Campo dove ne sono stati aperti altri due. Senza contare le altre attività “sparse” per il territorio cittadino, soprattutto nell’area del centro. Insomma, mentre il commercio cittadino soffoca per gli affitti troppo salati, una tassazione esagerata e una città che non riesce ad essere particolarmente attraente verso i consumatori e gli acquirenti, il commercio bengalese non conosce crisi. Anzi, prolifera.
Come fanno, allora, ad aumentare nel numero – nonostante le palesi difficoltà – tutti questi negozietti, spesso senza nessun arredo tranne mensole e appendini e, nella maggior parte dei casi riconducibili – tutti – a poche persone appartenenti alla comunità bengalese. Da dove arrivano i capitali? Quali sono gli interessi in campo e a scapito di chi?
È su questi interrogativi che sta cercando di far luce l’indagine avviata da tempo dalla Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli. Il fascicolo sul tavolo degli uffici della Cittadella Giudiziaria e il lavoro investigativo portato avanti non solo sta tentando di far luce sulla natura di queste attività commerciali ma sull’insieme della gestione degli arrivi dal Bangladesh di queste persone che, subito dopo il loro approdo in Italia, vengono inserite in un contesto che resta di sfruttamento e di fortissimo degrado.
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