In carcere c’è entrato camminando con le proprie gambe. Sette mesi dopo, un paio di detenuti di buona volontà lo sorregge con le braccia. Fino a qualche settimana fa, s’aiutava con una sedia da ufficio, di quelle con le rotelle girevoli, reperita in un anfratto della casa circondariale a Fuorni di Salerno, adoperata alla maniera d’una carrozzina: poi gliel’hanno tolta, forse per motivi di sicurezza, ignorando placidamente, al contempo, le reiterate richieste d’una visita ortopedica o, quantomeno, d’una stampella che possa contribuire a restituirgli almeno un briciolo della dignità umana brutalmente calpestata da una giustizia malata. Di questo passo, Mariano Sena non camminerà più, azzoppato da sorde istituzioni che, almeno finora, non si sono rivelate in grado d’assicurare la tutela dei diritti essenziali riservati a una persona, prim’ancora che a un detenuto.
Le patologie pregresse
Quarantaquattro anni e un fisico statuario: quand’era libero, Sena, culturista battipagliese che da anni vive a Pezze di Montecorvino Rovella, collaborava con una notissima agenzia di buttafuori della capofila della Piana del Sele. Da luglio è in carcere: sta scontando una pena definitiva. All’apparenza, pare un giovane di sana e robusta costituzione: al suo ingresso, però, l’amministrazione penitenziaria era stata tempestivamente informata di pregresse patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico con le quali Sena convive dal giorno in cui rimase coinvolto in un violento scontro automobilistico. Dolori che s’acuiscono quando il regime di vita si fa troppo sedentario, e dietro le sbarre, è risaputo, la quotidianità è tutt’altro che improntata alla dinamicità. In men che non si dica, il quadro s’è aggravato: le gambe sono atrofizzate. Non riesce neppure a lavarsi in autonomia.
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