«L’ultima volta che l’ho visto mi ha detto che da Fuorni non sarebbe uscito vivo. Aveva paura di morire». Mentre pronuncia queste parole, Lorenzo Castagno trattiene a fatica la commozione. Probabilmente non ha compreso ancora il dramma che ha travolto la sua vita, quella della sua famiglia. È frastornato, quasi sorpreso dalla folta presenza di taccuini e telecamere mentre racconta la storia del fratello Renato Castagno, il detenuto salernitano di 37 anni morto il 19 marzo dopo essere stato male nel carcere di Salerno. Al suo fianco, con un piglio deciso e combattivo, c’è l’avvocato Bianca De Concilio. Chiedono verità e giustizia, in attesa degli sviluppi dell’inchiesta avviata dalla Procura (Katia Cardillo è il pm titolare del fascicolo, al momento senza indagati, aperto con l’ipotesi di reato per omicidio colposo: nelle prossime ore è atteso il conferimento dell’incarico per l’autopsia) che andrà a fondo di un decesso ancora avvolto dal mistero.
Il mistero
Una morte in cui, secondo il loro punto di vista, emergono errori e carenze nell’assistenza sanitaria ricevuta in carcere da Castagno. Non c’è sete di vendetta nelle loro parole. Non c’è desiderio di trovare qualche responsabile contro cui puntare il dito. Lorenzo Castagno e l’avvocato De Concilio vogliono di più: vogliono chiarezza affinché ciò che è accaduto a Renato non succeda mai più, a Fuorni così come nelle altre case circondariali d’Italia. Pretendono giustizia affinché venga garantita la giusta dignità ai detenuti.
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