Pronto Soccorso: passaggio obbligato di ogni struttura ospedaliera prima di essere indirizzati al reparto di competenza. Qui, ogni giorno, si trovano in attesa casi diversi con storie di sofferenza e speranza. È uno dei i luoghi più difficili e complessi da gestire per il personale ospedaliero. Anche i sanitari più attenti e responsabili – proprio per via della difficoltà di gestione del reparto a causa del gran numero di persone che vi transita costantemente – si trova ad affrontare difficoltà che si possono trasformare in ulteriore pericolo per i pazienti che vi accedono.
L’attesa della diagnosi e delle conseguenti cure il più delle volte rende difficile il controllo da parte del personale sanitario che assegna il codice di precedenza tenendo conto delle prime informazioni che il paziente, o chi per esso, espone.
Nel primo accesso al Pronto Soccorso vengono comunicati i sintomi. Dal personale viene assegnato il reparto al quale essere indirizzati. Un passaggio che risulta più rapido nel caso in cui l’arrivo del paziente avvenga attraverso l’ambulanza, condizione che consente analisi più approfondite e, spesso, interventi già a bordo.
Ma gli errori sanitari possono verificarsi in ogni caso, proprio al momento del primo ingresso del paziente in ospedale, oltre che in tutti reparti. Ogni struttura sanitaria è chiamata a rispondere a titolo contrattuale sia per responsabilità propria nella predisposizione dei mezzi necessari alle cure, sia per quella del personale sanitario ausiliario che fornisce le prestazioni mediche al suo interno. In caso di inadempimento ed errore ospedaliero, tale responsabilità viene regolata dagli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile.
Periplo Familiare consulenza gratuita per errori sanitari
È la prima associazione italiana in aiuto delle vittime di malasanità. Costituita nel 1992, Periplo Familiare (www.periplofamiliare.it) è presente sul territorio nazionale con i suoi professionisti: avvocati, medici legali e medici specialisti nelle varie branche sanitarie.
«Diagnosi tempestive e trattamenti adeguati ed immediati – sottolinea la dottoressa Francesca Piroso, direttrice dell’associazione – il Pronto Soccorso svolge attività di accettazione e assistenza ai pazienti che presentano un problema sanitario più o meno urgente. Gli infermieri triagisti raccolgono i dati anamnestici delle persone che accedono al suo interno e in base ai sintomi loro riferiti assegnano un codice che individua la priorità dell’accesso alle cure. Compito dei sanitari del pronto soccorso è giungere ad una precoce identificazione delle patologie e ad un rapido trattamento delle stesse predisponendo, ove necessario, esami diagnostici strumentali e di laboratorio, che consentano di indirizzare il paziente verso le cure più idonee».
Tutti i test diagnostici effettuati da medici ed infermieri necessitano della massima attenzione. «Nonostante ciò – prosegue la direttrice – può accadere che a causa della disorganizzazione e dell’eccessivo carico di lavoro il personale incorra in errori e/o ritardi di diagnosi, a seguito dei quali il paziente può riportare gravi danni alla propria persona, alcune volte irreversibili se non addirittura fatali».
In tal caso sussiste il diritto a chiedere il risarcimento per il danno subito.
Rivolgersi a Periplo Familiare significa affidarsi ad uno staff medico-legale che offre consulenza gratuita e che, da oltre venticinque anni, è di supporto per le vittime di malasanità sempre attenta, prima di tutto, allo stato psicologico di chi ha subito l’errore sanitario.
Una volta confermata l’ipotesi di malpratica da parte del personale sanitario, l’associazione propone ai soggetti interessati un percorso conciliativo che consenta in tempi ridotti di ottenere comunque un ristoro giusto attraverso il raggiungimento di un accordo bonario.
Quando i soggetti responsabili non si rendano disponibili ad una intesa, Periplo Familiare offre tutta l’assistenza necessaria per l’azione giudiziale attraverso la rete dei propri legali fiduciari.
«Individuati gli addebiti da parte dei medici legali – chiarisce l’avvocato Letizia Caroli, legale fiduciario dell’associazione – prima ancora di poter quantificare i danni risarcibili, occorre accertare il nesso causale tra l’omissione cui è incorso il sanitario e il danno riportato dal paziente», che può consistere in una invalidità permanente o, nei casi più gravi, nel decesso del paziente.
Il risarcimento del danno biologico, inteso come menomazione psico fisica medicalmente accertabile dovuta all’errore medico, che si fonda sul diritto alla salute costituzionalmente garantito (art. 32 Costituzione Italiana), si effettua sulla scorta di tabelle che tengono conto di taluni fattori, quali l’età del danneggiato, la durata della inabilità temporanea ed il grado della invalidità permanente accertata (gravità della lesione subita).
«Oltre al danno biologico – prosegue l’avvocato Caroli – al danneggiato spetta il risarcimento del c.d. danno morale soggettivo, inteso quale sofferenza e patimento d’animo conseguiti alla malattia e alla perdita dell’integrità fisica, voce che viene liquidata in via equitativa, tenuto conto del grado di afflittività del danno accertato nel caso concreto».
Il danneggiato ha altresì diritto ad essere risarcito del danno patrimoniale, riferito tanto agli esborsi sostenuti per le spese mediche affrontate (danno emergente) quanto alla perdita di utilità e guadagni (lucro cessante).
Nelle ipotesi più gravi, nelle quali cioè l’omessa o errata diagnosi abbia causato il decesso del paziente, spetterà ai congiunti della vittima il risarcimento del danno morale cd. da lutto, derivante dalla sofferenza patita per la perdita del proprio familiare.
Per la quantificazione di detta voce di danno si ricorre a parametri che tengono conto dell’età, del grado di parentela intercorrente e di ulteriori elementi da valutare nel caso concreto.
«Con una serie di recenti pronunce della Corte di Cassazione – sottolinea l’avvocato Caroli – anche al convivente c.d. more uxorio, con il quale non è intervenuto il matrimonio, è stato riconosciuto il diritto di ottenere il risarcimento del danno morale e patrimoniale patito a causa della morte del proprio compagno, purché sia raggiunta la prova in ordine alla ricorrenza di un legame affettivo stabile e duraturo di almeno dieci anni».