IL SINDACO DI EBOLI Distribuisce speranza, il sindaco Mario Conte: «La partita a porte aperte si poteva fare. Avevamo anche le curve agibili, così da tenere le tifoserie distanti». Poi torna avvocato, trascinato dal realismo del tribunale dove lavora: «Purtroppo ci sono le relazioni negative delle forze dell’ordine, il prefetto non farà mai un passo indietro». Troppi feriti, troppi contusi, troppi danni nelle due città. Senza dimenticare i processi in tribunale: «Decine di tifosi imputati per lesioni e danneggiamento aggravato”. Somiglia a un fragile arcobaleno, la speranza di Conte: «Ma una soluzione c’è. Immagino un accordo tra le due tifoserie. Un atto ufficiale. Un impegno serio da parte di tutti gli ultras a evitare scontri». A volte basta una bomba carta, un coro cafone. Ed è subito guerriglia urbana: «Per questo motivo, mi impegno con la collega Cecilia Francese a fare da ambasciatore di questa idea. Organizziamo un incontro tra i tifosi e torniamo a un clima civile. Sarà l’unica chiave di volta per convincere il prefetto e le autorità competenti». La triste alternativa sono i maxi schermo nelle piazze, le gradinate vuote allo stadio, dove anche i dirigenti delle società e i calciatori un po’ l’accusano quel clima mesto. Quella punizione “divina”: la partita a porte chiuse. Costretti, i calciatori, su un campo di calcio con al massimo venti spettatori in tribuna. Il resto dei tifosi fuori. Violenti e pacifici. Pregiudicati e incensurati. Tutti fuori dallo stadio: «Io sono convinto – riparte Conte, in tono da pater familias – che gli stadi si possano riaprire. I violenti sono solo una sparuta minoranza. Li possiamo isolare. O quanto meno convincere a vivere la partita insieme a noi. Senza rabbia. Senza astio. Siamo nel 2024, dobbiamo superare il troglodismo del secolo scorso».
IL SINDACO DI BATTIPAGLIA «Il mio compagno è di Eboli». Le parole della sindaca di Battipaglia, Cecilia Francese, da anni sentimentalmente legata a Gerardo Rosania, già primo cittadino del comune limitrofo, rendono bene l’idea del desiderio dell’endocrinologa d’assistere a un derby a porte aperte in un clima civile. «Perché ai tifosi non viene concessa mai la possibilità d’assistere a questa partita?», si domanda la Francese. Ricorda, a tal proposito, un illustre precedente che risale a marzo del 2017: pure allora le principali compagini calcistiche della Piana del Sele militavano nel campionato d’Eccellenza. In occasione del match disputato al Dirceu, che le zebrette, in barba a ogni pronostico, portarono a casa (con lo 0-1 di Gerardo Di Biase) interrompendo la clamorosa striscia di risultati positivi dell’Ebolitana, fino ad allora imbattuta in campionato, la Francese rispose presente all’invito arrivato dall’allora sindaco Massimo Cariello , storico tifoso della squadra della sua città, assistendo al derby direttamente dagli spalti dell’impianto di via dell’Atletica: «Ero in tribuna e non accadde nulla di strano. Fu un pomeriggio di sano divertimento. Fatico a comprendere i motivi di queste restrizioni». Quella tra battipagliesi ed ebolitani è una delle più accese rivalità sportive del Salernitano: due città confinanti, che condividono innumerevoli comunanze geografiche, storiche (prima dell’autonomia, datata 1929, buona parte dell’attuale capofila della Piana era frazione dell’antica realtà limitrofa) e sociali, considerando le migliaia di persone che ogni giorno frequentano le strade dei “vicini” per motivi di studio e di lavoro. Gli episodi di violenza in occasione derby ci sono stati, ma gli ultimi precedenti risalgono a più d’un ventennio fa. «È vero – riconosce la Francese – che da anni c’è questa rivalità tra le tifoserie di Battipaglia e di Eboli, ma i cittadini d’entrambe le realtà stanno dando prova di grande maturità in campo e sugli spalti».